Riflessioni d’inizio anno [parte 1]

Riflessioni d’inizio anno [parte 1]
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Innanzitutto, Buon Anno 🙂

Come state? Non ci sentiamo da un po’…

Quando ho aperto questo blog sapevo che sarebbe arrivato questo momento: il momento in cui lo avrei messo da parte.

Lo so, non mi fa onore dirlo, ma, seppur armata di infinite buone intenzioni, sono umana.

Era capitato in passato, perché non sarebbe dovuto capitare di nuovo?

Eppure, questo pensiero non mi ha impedito di aprire il blog.

Ci innamoriamo, soffriamo, ci lasciamo. Sappiamo che soffriremo ancora, ma questo non ci impedisce di innamorarci di nuovo. Rende l’idea?

Edera una dose quotidiana di bellezza

Il blog

Lo so che se avessi un “approccio professionale” al blog dovrei creare il calendario editoriale e rispettarlo fino alla morte, postare una volta a settimana come minimo, commentare gli altri blog e poi postare sui social quasi quotidianamente, e studiare la seo, e studiare l’editing fotografico, e poi magari studiare il business delle affiliazioni. Oppure pubblicare nuovi articoli sul blog tutti i giorni perché è l’unico modo per avere più visualizzazioni e far diventare il blog monetizzabile.

Eccetera.

La verità è che fare tutta questa roba è maledettamente difficile, e richiede tanto tanto tempo.

E quello che vedo è un panorama sconfinato di blogger che vogliono fare del blog un lavoro, con contenuti molto spesso banali, ripetitivi, creati perché “bisogna creare tanti contenuti”.

Tantissimi blog che comunque non monetizzano, o non tanto da farne un lavoro.

E vedo anche che i blogger davvero forti, che ne hanno fatto un lavoro, spesso e volentieri guadagnano facendo altri corsi di blogging, in un qualcosa che va ad assomigliare in maniera inquietante a quei sistemi di network marketing piramidale dove non c’è mai un vero valore aggiunto in ciò che si insegna.

Poi certo, ci sono blogger che ne hanno fatto una professione, o perchè sono dei veri influencer –  lo sono diventati in tempi non sospetti, e col tempo – o perché si creano professioni complementari e collaterali (copywriter, fotografi, videomaker, social media manager, consulenti web).

Insomma, è tutto un po’ un gatto che si morde la coda e forse potrete pensare che semplicemente non ho la tempra per stare in questa gran competizione.

Ma forse il punto è che non mi piace abbastanza, e vedo l’obiettivo sfocato.

Papaveri una dose quotidiana di bellezza

La figura della blogger-pseudo-influencer con tutti i corollari del caso non mi rispecchia, questa è la realtà.

Ho una mia dose di esibizionismo, certo, ma non amo stare costantemente in primo piano, essere sempre visibile e sul pezzo. Scattarmi ottomila foto dopo un po’ mi annoia.

Sono più una che agisce nell’ombra, che medita sulle cose, che ha bisogno di tempi più lunghi.

Se ancora siete qui a leggere questo post, vi faccio un applauso e vi ringrazio. Non sarà breve.

Instagram

Se mi seguite su Instagram, nei mesi scorsi avrete notato che mi ero presa una pausa dalle foto e soprattutto dalle stories.

Sono seriamente convinta che le stories ci stiano rincoglionendo. Dico ci perché parlo per me in primis.

Il bisogno di riempire Instagram di contenuti  quotidiani, perché “bisogna sempre stare più a sinistra nella barra delle stories per essere visti”, quindi inserire contenuti nuovi più volte al giorno, ci sta facendo pensare sempre più nell’ottica di ciò che è condivisibile.

Se prima già lo facevamo con le foto, ma c’erano dei momenti (che ne so: mentre ti guardi Netflix in poltrona con la tuta più brutta che hai) che non erano instagrammabili, adesso tutti questi momento sono “storizzabili” (scusate la bruttezza del neologismo), quindi la vita quotidiana è scandita da ciò che si può postare e come.

Per alcuni ciò che sto dicendo sarà aramaico, ma chi lavora o bazzica il web in modo semi professionale o wannabe professional capirà.

A me questa cosa fa paura. Che la mia vista stia calando per le ore passate al computer, che il braccio destro mi crei qualche problema a forza di battere sulla tastiera in posizioni poco appropriate e che la schiena ne risenta (meno male che c’è lo yoga) lo metto tra i lati scomodi della medaglia, ma che si comprometta pure il cervello no grazie. Quello vorrei tenerlo sano.

Gocce una dose quotidiana di bellezza

Sono sicura di non essere la sola a trascorrere ben più di tre ore al giorno con lo smartphone in mano (ho installato delle app che me lo dicono), ad aprire Instagram in qualsiasi momento, quasi fosse un tic, a guardare le stories mentre sta seduta sul cesso (amen), e in tanti altri momenti più o meno appropriati. Credo di non essere l’unica che non si concede più di annoiarsi, perché prima che ciò accada ci sono sempre delle notifiche a distrarmi… e se proprio non succede niente mi guardo le stories.

La noia è la base della creatività. Se non ti annoi difficilmente avrai voglia di cambiare le cose, di creare qualcosa di nuovo. E noi non ci annoiamo più, non perché siamo diventati saggi e focalizzati e nel flow, ma perché abbiamo sempre qualche distrazione.

E questo, scusate, a me spaventa da morire.

So che non possiamo cambiare il flusso del mondo, so che la deriva è quella, so che è come mettere le mani avanti di fronte a una valanga, ma parlo per me. Per me questo non è al momento accettabile. Non son pronta a mollare il colpo, a cedere le armi al rincoglionimento di massa.

Sorry.

Qualche tempo fa lessi un articolo che mi sconvolse: dagli anni ’50 il nostro quoziente intellettivo è diminuito di un grado. La media dell’umanità è più stupida di 60 anni fa, grazie a Internet.

Se ancora mi state leggendo: doppio applauso.

Ciò che voglio dirvi è che lotto quotidianamente tra il bisogno di ritirarmi a “vita privata” e la necessità di espormi, di condividere, per desiderio, certo, e perché “bisogna alimentare il personal brand” (!). Così dicono, e ci vuole perseveranza.

Qualcuno qualche mese fa mi ha fatto i complimenti per come ero riuscita a creare e alimentare il mio personal brand. Non aveva motivi per dire una cazzata, quindi in quel momento mi sono stupita piacevolmente, perché ho pensato che quell’insieme di stories e post sgangherati che stavo facendo forse riusciva davvero a rispecchiare la parte di me che volevo comunicare.

Peccato che ciò sia avvenuto praticamente a ridosso del mio momento di stop dai social.

Come nella vita mi divido tra libertà/nomadismo e routine scandite da tazze di tè, anche nel web mi divido tra voglia di esserci e di apparire e voglia di star nascosta. E’ la mia natura, di cui sto prendendo sempre più coscienza. Dipende da quale momento mi trovate, se in fase Jekyll o in fase Hyde. Sono fatta così. Lo so. Amen.

Ombre una dose quotidiana di bellezza

Digital Detox

Tornando a noi, nei mesi scorsi ho fatto questo pseudo digital detox. Le circostanze stesse sembravano congiurare verso questa cosa, dal momento che mi si è rotto il telefono (più di una volta) e i tre giorni in cui son stata completamente senza telefono sono stati i più rilassati degli ultimi vent’anni credo. Sono anche arrivata in anticipo a tutti gli appuntamenti, cosa epica nella mia vita.

Mentirei se non dicessi che tutto ciò ha coinciso con un periodo di cambiamenti nella mia vita, e mentirei se vi dicessi che adesso sono in una nuova fase di stabilità. Non è così, ci sono ancora dentro e non so quando e come ne uscirò. Quanto e come sarò cambiata, e avrò cambiato le circostanze intorno a me.

Non lo so.

Spesso, quando affronto questi momenti la prima cosa che faccio è partire per un viaggio.

Stavolta no. Per svariate ragioni, ho scelto di rimanere a casa.  [continua nel prossimo post]

 

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2 thoughts on “Riflessioni d’inizio anno [parte 1]”

  • Ciao Silvia, riflessione interessante. Specialmente la considerazione che stiamo diventando più stupidi di anni fa -.-‘
    Ho capito adesso a cosa servono le stories: a rendere instagrammabile ciò che non lo è.

    Grazie 😉

    • Ciao Lara! Eccomi qua, scusa il ritardo ma mi ero persa il commento! grazie, mi fa piacere che l’abbia trovata interessante 🙂 e sì, le stories secondo me hanno un po’ quella funzione…

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